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Giugno 6, 2024Un argomento che noi di Studio LARS abbiamo particolarmente a cuore è quello della tutela delle lavoratrici gestanti. Per loro è stata istituita una normativa specifica, il Dlgs. 151/2001, definito Testo unico a tutela della maternità e paternità, che prevede che la lavoratrice non svolga attività lavorativa nel periodo che va da 2 mesi prima la data presunta del parto a 3 mesi successivi al parto.
Sei una lavoratrice e hai scoperto che aspetti un bebè? Sei, per caso, molto preoccupata perché ritieni che l’attività di lavoro da te svolta non sia compatibile con il tuo stato gravidico? Ecco, va precisato che ci sono delle indicazioni specifiche per quanto concerne:
- la valutazione del rischio
- la proibizione di adibire la lavoratrice a lavori vietati
- il divieto di lavoro notturno
- l’astensione anticipata dal congedo di maternità
Lavori vietati in gravidanza
Durante il periodo della gravidanza sono vietate alcune attività lavorative in quanto particolarmente pericolose, faticose o insalubri ma quali? Noi di Studio LARS ve le elenchiamo:
- lavori che comportano una posizione in piedi per più di metà dell’orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante o scomoda (es. commesse , addette al magazzinaggio)
- lavori con macchina mossa a pedale quando il ritmo sia frequente ed esige sforzo
- uso di macchine o strumenti che trasmettono vibrazioni intense
- lavori con obbligo di sorveglianza sanitaria (es. rumorosi, richiedenti l’impiego di agenti chimici ecc.)
- lavori a bordo di qualsiasi mezzo di comunicazione in moto, compresi aerei, treni, navi e pullman
- lavori che espongono a temperature troppo basse (es. magazzini frigoriferi) o troppo alte (lavori ai forni, di stiratura)
- lavoro notturno
In tutti i casi in cui l’attività lavorativa può rappresentare un rischio per la salute della lavoratrice e del neonato, come ribadito da noi di Studio LARS, è data la possibilità di iniziare il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro prima dei termini generalmente previsti dalla legge.
Ciò è possibile, in particolare:
- quando la lavoratrice è addetta a uno dei lavori pericolosi che abbiamo menzionato e non è possibile per il datore di lavoro adibirla ad altre mansioni;
- quando la lavoratrice, a causa di patologie pregresse e del suo complessivo stato di salute, potrebbe subire un rischio nella prosecuzione dell’attività di lavoro.
Per andare in maternità anticipata occorre presentare un’apposita domanda alla Asl competente per territorio, supportata da documenti e certificati medici che comprovano la necessità di inibire la donna al lavoro prima del periodo di astensione obbligatoria previsto dalla legge.
Il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, con lo stesso iter e per le stesse motivazioni, può anche essere esteso, dopo la nascita del bimbo, fino al settimo mese successivo al parto.
L’Ispettorato del lavoro ha 7 giorni di tempo dalla richiesta della lavoratrice per esprimersi nel merito della questione. Se la maternità anticipata non viene concessa, la lavoratrice ha 10 giorni di tempo per presentare altri documenti e sperare in un cambio di posizione. Se la domanda viene accettata, l’Ispettorato deve emanare un provvedimento ad hoc, nel quale stabilisce la durata dell’astensione dal lavoro.